La vita degli uomini è fortemente influenzata dagli oggetti sociali, iscrizioni e documenti prodotti dall’uomo, sovrapposti agli oggetti naturali, invece esistenti indipendentemente dall’uomo.

Per divenire oggetto sociale, un prodotto linguistico deve essere iscritto su supporti che ne rendono possibile la registrazione e condivisione, i quali variano nella storia seguendo l’evoluzione dei mezzi di memorizzazione.

Prima dell’avvento della carta, nel mondo antico venivano utilizzati diversi supporti per la scrittura, come il papiro, la pergamena e le tavolette d’argilla, mentre oggi, con lo sviluppo della tecnologia digitale, i supporti per la memorizzazione della scrittura variano dai personal computer agli smartphone, con un sempre maggiore sviluppo della comunicazione digitale.

Tra il papiro e il computer, per diversi secoli il libro cartaceo è stato il supporto privilegiato per l’archiviazione e trasmissione dei testi, importante strumento costruttivo della realtà sociale che archivia pensieri e diffonde nuovi immaginari.

Nonostante le differenze, i prodotti dell’uomo condividono con i processi biologici l’inevitabile decadenza e rinnovamento, per cui alcuni oggetti sociali, fondamentali in certe epoche o per alcune persone, possono essere abbandonati per essere riscoperti in nuove forme.

Le biblioteche conservano un gran numero di volumi non più letti, testi che possiamo immaginare smarriti nel livello di realtà che Rudolf Steiner identifica nell’Akasha, l’etere che accoglie tutta la memoria del mondo di ogni epoca.

Partendo dalle prime opere performative degli anni ’70, passando dalle successive opere sulla misurazione dello spazio e arrivando alle riflessioni sul rapporto tra individui e collettività, il lavoro di Pino Lia è sempre più caratterizzato delle connessioni tra realtà concreta e rappresentazione, in una prodigiosa terra di mezzo che unisce natura e artificio accogliendo l’atto creativo.

Incuriosito dall’oblio al quale sono consegnati molti libri, Pino Lia predispone la loro rinascita attraverso un gesto poetico simile ad un rito. Sospesa per l’evoluzione della tecnologia o semplicemente per le alterne fortune di ogni storia individuale, la vita dei libri è comunque preziosa; in essa si ritrovano pensieri e passioni di persone e collettività che, ognuna a proprio modo, hanno accompagnato l’evoluzione umana.

Sospendendo la propria funzione linguistica, i libri non letti si pongono come semplici oggetti fisici, parallelepipedi formati da copertine colorate e risme di fogli uniti da rilegature.

Nella condizione ibrida del libro smarrito, tra silenziosa forma fisica e potenziale linguistico, Pino Lia individua una metafora del ciclo vitale che unisce natura biologica e forme culturali nella medesima ciclicità. Utilizzando una grande quantità di libri, recuperati in diversi anni tra i volumi abbandonati dalle biblioteche perché non più richiesti o in eccedenza, Pino Lia costruisce dei monoliti regolari, ordinati per colore di copertina e con sommità a spiovente, dalla forma ispirata alla grande arca di pietra che secondo la tradizione conteneva le spoglie dei tre Magi, posta in una cappella nella basilica di Sant’Eustorgio a Milano.

L’arca viene assunta da Pino Lia come dimora in cui la vita è sospesa in attesa di una rinascita, che in questo caso si attua grazie ad un’azione collettiva, occasione festosa attivata dall’artista.

Le diverse arche disposte nello spazio dell’ex chiesa di San Rocco saranno smembrate dai visitatori della mostra, ognuno dei quali potrà liberamente prendere con sé un libro. Scelti per essere nuovamente letti, i libri tornano a vivere nelle mani di nuovi lettori.

L’allestimento, solenne e nel contempo vivace per il cromatismo delle copertine dei libri, si adatta allo spazio dell’ex chiesa di San Rocco che ne amplifica la sacralità come scenario di un’azione sciamanica di resurrezione. Oltre alla contemplazione, il progetto di Pino Lia stimola processi sociali che vanno oltre il momento espositivo, creando un’imprevedibile rete vitale che partendo dall’esperienza collettiva crea un’eco che continua a risuonare nel tempo attraverso le diverse individualità.

Andrea Lacarpia