John Foot

Casa di ringhiera specchio di Milano
La classica casa di ringhiera era composta da appartamenti con due stanze, una era la “zona giorno”, usata per cucinare e mangiare, per leggere, discutere o lavare i panni, mentre nell’altra, la “zona notte”, si dormiva o si faceva l’amore.
In molte delle case originarie non esisteva l’acqua corrente, e molte delle attività si svolgevano in pubblico, nel cortile. I servizi si trovavano sul ballatoio e non all’interno delle case, gli appartamenti erano riscaldati con il carbone.
Allora lo spazio era un lusso e famiglie di 5, 6 o 7 persone dormivano assieme in una stanza. Con il passare degli anni, l’arrivo delle nuove tecnologie, il passaggio dalla unica proprietà privata di tutto il palazzo, al frazionamento delle unità immobiliari e la trasformazione in condominio con i crescenti livelli di reddito, portarono modificazioni alle case stesse.
Negli anni ‘60 arrivò la tecnologia: le famiglie acquistavano lavatrici, cucine a gas, e, più tardi, lavastoviglie. I rumori delle lavatrici e delle televisioni si mischiarono ai tradizionali rumori di vita quotidiana propri delle case di ringhiera: i giochi dei bambini, i discorsi della gente, lo scorrere dell’acqua.
Durante il boom economico, a Milano, le case di ringhiera presero due strade: alcune vennero lasciate al loro destino e occupate per la maggior parte da immigrati; queste si deteriorarono, fino a quando gli immigrati le lasciarono per case più accoglienti, sia in periferia che in provincia, poi negli anni ’80, furono occupate dai nuovi immigrati stranieri. Altre case invece subirono un processo di recupero e ristrutturazione. Si guadagnò in privacy e sicurezza e scomparsero le attività comuni.
Queste case rinnovate possono ora essere ammirate in tutta la città e molti architetti sono diventati specialisti in ristrutturazioni di case di ringhiera. Nonostante questi cambiamenti, il passato è ovunque, se sappiamo dove cercarlo, nelle storie della gente ma soprattutto nella struttura degli edifici.
Milano è una ricca, spaventosa e straordinaria serie di strati, nessuno dei quali è mai stato, in realtà, spazzato via del tutto. È un palinsesto complicato. Stà a noi – tutti noi – storici, architetti, cittadini, giovani e anziani, scoprire, documentare e capire questa serie di passati, e lo possiamo fare non solo guardando cosa c’è ora, ma anche guardando a cosa è andato perduto.
La casa di ringhiera era, ed è ancora, molte cose. Un teatro, un luogo di conflitto ma anche di integrazione e adesso (per quattro giornate) una galleria d’arte con installazione site specific che si modifica in continuazione – uno specchio della città stessa.

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