Km Rosso – Urban Garden & Traffic Island Art Design

 

Un landmark emozionale di contaminazione tra natura e cultura: per rivitalizzare un luogo simbolico, avvalendosi della sensibilità non convenzionale dell’arte contemporanea. Un intervallo naturale, una pausa di sospensione, una meditazione poetica, nel mezzo della circolazione urbana.

Oltre la modernità, che ha eletto le città centri privilegiati di produzione e fruizione dell’arte, la tarda contemporaneità, si concentra su scenari urbani e post-industriali per realizzare opere site-specific con l’ambizione di contribuire a riqualificare il paesaggio urbano.

Un incubatore, una star-up, di idee innovative di arte a rilievo sociale, un laboratorio diffuso per l’arte contemporanea da condividere con la comunità. Un campo di azione collettiva, un modo di vivere lo spazio urbano, di riappropriazione di beni comuni. Occorre socializzare il gesto creativo, toglierlo dalla solitudine ideativa dell’artista e portarlo nella dimensione della relazione ed inclusione. L’arte è attitudine, pensiero, stile di vita che produce libertà attraverso l’espressione.

La contaminazione tra il pensiero paziente della creatività ed il mondo impaziente della mobilità. Un percorso lineare, un’oasi naturale affacciata sulla frenesia della città. L’energia emozionale di uno spazio insolito, oltre il prevedibile, in relazione diretta con la vita e la socialità. Arte e natura come terapia per rigenerarsi e tornare ad essere, liberando la magia di forze istintive. Lentezza e bellezza, complice amicizia con la pura natura delle cose, oltre i doveri della vita attiva.

Una scia di colori, fiori ed odori, interminabile tapis roulant chilometrico di idee in movimento per abbattere la giungla d’asfalto. Liberare l’immaginazione oltre i limiti dello spazio fisico, distribuire metafore veicolare energia agli angoli della città.

La natura è un universo di informazioni, l’arte fonda una nuova architettura di relazioni. Occorre animare ed abitare poeticamente la città. Varcare la soglia lo spartitraffico che divide diverse visioni della città, modelli di sviluppo, paradigmi di mobilità: da una parte paranoia, individualismo ed alienazione, dall’altro verde, prossimità umana, sostenibilità. Una visione olistica della natura, una visione umanistica della società, una corsia preferenziale per l’utopia di una nuova intelligenza relazionale, di empatia emozionale.

Un nuovo modello antropico per l’estetica morale territorio, oltrepassando l’entropia delle relazioni, la dissoluzione della fiducia e la catastrofe etica del presente con pratiche di creatività collettiva come occasione a di auto-educazione a forme di socialità e cittadinanza attiva.

Una pedagogia ambientale, un orizzonte di crescita di qualità e vivibilità territoriale a partire dalla comunicazione in presa diretta con la realtà, partendo dal basso, a livello stradale, ma con la nobile ambizione di innescare un processo di trasformazione culturale.

Proteggere lo spazio con l’apertura è il metodo dell’inclusione, custodire un senso, prendere in prestito per restituire uno spazio accresciuto di cura.

Km Rosso è una Traffic Island che crea una risonanza con i quartieri attraversati: seminando fiori, sfiorando sogni collettivi, indicando una visone del futuro, attivando una rete di relazioni e progetti culturali, declinando una identità disposta ad accogliere molteplicità e diversità.

Una colonia vegetale, una semina collettiva che prova ad allacciare una trama di relazioni tra rapporti umani. Decontestualizzati e trapiantati in uno scenario cittadino i papaveri del chilometro rosso vengono trasformati in un vettore di nuovi significati, sono dei living colors, ma prelievi di realtà concreta e organica esposti come bandiere colorate, come opere pop in mezzo al palcoscenico della vita.

Una land art che insiste e modifica il paesaggio, in un gioco di rimandi, in un percorso di apparizioni che moltiplicando la presenza di segni nel contesto della città, suscitano interrogazioni, e pensieri da parte dei fruitori. Un work in progress destinato a moltiplicarsi diffondersi secondo logiche di contaminazione virale, da un quartiere, alla città, ad altri centri secondo una logica di germinazione diffusa.

La pratica dell’arte contemporanea implica un dispositivo filosofico fondato sull’interrogazione, dove il valore dell’opera non dipende solo dall’oggetto concreto in sé, quanto dalla relazione che è in grado di stabilire con un pubblico spiazzato da una collocazione decontestualizzata. Ciò, a maggior ragione, quando avviene non più nello spazio delimitato del museo, ma in quello dello spazio pubblico senza nemmeno fornire un preannuncio. Se il senso concettuale dell’opera si costituisce nel suo impatto con le interpretazioni del pubblico, il destino dell’opera si delinea a partire dall’impiego che ne facciamo. Perciò, nel nostro caso, l’opera consiste nell’offrire alla città il privilegio di concedersi istanti di libera contemplazione oltre la concreta funzione. Un momento creativo e liberatorio oltre il peso della ripetizione dello spazio pubblico come luogo di mero attraversamento e della routine di uno sguardo incapace di vedere. Solo forze inattese sanno spostare il punto di vista sulla realtà abbandonando abitudini per addentrarsi nella Terra ignota.  Un effetto di straniamento, che genera un cortocircuito tra le opere e il pubblico predisponendo ad una nuova riflessione sulla gratuità del gesto artistico come dono di riflessione.

Fiori come bandiere, che rivendicano tutto l’orgoglio della nazione senza confini dell’arte nel riappropriarsi dello spazio della creatività nello spazio nella città. Paesaggio mai sazio di colore, che non deve pagare il dazio per varcare nuovi confini cittadini.

Urban garden che si estende come un asse di propagazione dentro il cuore della città, disegnando una mappa di sensibilità presidiando un’arteria ad alta densità simbolica. Per una singolare coincidenza i papaveri hanno la stessa gamma cromatica delle luci dei semafori, ne condividono la stessa presenza muta nei punti cruciali nelle strade; i papaveri sono semafori emotivi che dirigono gli incroci del traffico dei pensieri nel movimento caotico e nevrotico della città senza pretendere di fermare, ma all’opposto di garantire libero corso alle emozioni e all’entusiasmo di volare con la fantasia.

Un arredo urbano non previsto e non richiesto: per questo autenticamente necessario. Isole di verde che cercano una occasione di interazione con il territorio urbano soprattutto grazie all’arma comunicativa del colore. Sono opere disperse nella città che mobilitano nuove aree di sensibilità. Sono opere sensori per cogliere gli umori della città. Sono opere che catalizzano il desiderio di trasformazione antropologica della città. Sono una dose omeopatica di follia artistica somministrata alla città, per curare dall’inquietudine e dalla paranoia urbana. I papaveri sono alieni che curano dall’alienazione della città. Il senso dell’opera è ciò che ne pensiamo, il destino dell’opera è ciò che ne facciamo. Il senso dell’opera non si fissa in una direzione univoca ma viene affidata alla cura dello sguardo di passaggio, alla ricezione della vita con la sua ricchezza di interpretazioni autentiche che eccedono sempre le intenzioni degli artisti. Un’ opera che si estende dalla mappa mentale al territorio, dal mondo dell’arte al mondo della vita. Si tratta perciò di una azione che non si limita a modificare la percezione dello spazio urbano, ma in realtà cerca di modificare la sensibilità di chi non è più solo fruitore e spettatore, ma partecipa come integrato a sua volta nell’opera dell’arte.

La pratica artistica è l’evento che salva il dialogo attivando la creatività plurale disseminata nel “Noi”, per raccogliere e proseguire collettivamente l’utopia democratica di scultura sociale indicata J. Beuys. Una forma di Arte plurale capace di generare una molteplicità di relazioni e plasmare una nuova attitudine sociale. Mai come ora è indispensabile disporsi a rinegoziare collettivamente il senso di una modalità di appartenenza al territorio della relazione e della comunità del progetto utopico, concedendo diritto di espressione al linguaggio segreto della Natura.

Spirito auto-generativo di fusione esotica di colori. Uno spazio interiore di sincronia tra forme e ritmi della Natura. Uno spazio sacro di sapori vivaci che si condensano in sorprendenti montaggi ludici, in una costellazione di analogie. La natura si auto-rivela, si dispiega entro se stessa, diviene insieme ontologia ed epifania di sé come tautologia della vita e come slancio vitale.

Vittorio Raschetti